All’indomani del Venerdì Santo a Taranto…

Risulterò impopolare, tuttavia non ho partecipato ai Riti della Settimana Santa quest’anno.

Taranto è avvolta in un silenzio surreale il giovedì e il venerdì santo. Un silenzio assordante. Eppure, le strade brulicano di gente, di volti e occhi che fissano l’asfalto, altri il cielo, altri ancora incrociano spiriti alla deriva e fotocamere. C’è un’intera comunità che si strugge, che si sveste dei peccati, che paga un pegno vero o presunto.

C’è un’intera comunità che avanza, che si commuove e che si muove seguendo con devozione le statue, nell’attesa che si compia il terzo tocco, tra gli applausi scroscianti dei presenti.

È una città sospesa Taranto tra il giovedì notte e il sabato mattina della settimana santa. Una città dove il brusio di chi sottovoce recita una preghiera è interrotto dall’odore dei panzerotti fritti e dai brindisi goliardici con la birra Raffo. È l’altro aspetto sfacciatamente reale di questi giorni, un paradosso sociale.

È il selfie con i perdoni, l’agghindarsi esasperato prima di salire sul palcoscenico della Taranto bene, la Taranto delle signore in pelliccia (ché la settimana santa è sempre rigorosamente fredda), e di quelle con una scultorea messa in piega. È la Taranto cristiana, cattolica, apostolica, che però nella quotidianità si volta dall’altra parte, sacrificando sull’altare del buon senso educazione e misericordia.

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È la Taranto dei benpensanti ma anche dei credenti, della saggezza popolare e pure dei delinquenti.
È la Taranto che si affanna per espiare le sue colpe.

Taranto è avvolta in un silenzio surreale al passaggio dei Misteri.

Dal balcone di casa assisto alla passerella finale di un viaggio che dura svariate ore, in cui si sondano gli angoli più profondi di un cuore spigoloso e affannato.

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Provo, invano, a dormire malgrado la marcia funebre. Penso e ripenso a mio padre, penso a quanto sia stata difficile questa settimana e a quanto mi senta lontana, in realtà, dalla folla che avanza fitta fitta, stretta stretta verso la chiesa di San Francesco lungo via Anfiteatro.

Penso e ripenso a mio padre e alla solitudine che, a mio avviso, sta affrontando. Penso anche che ogni giorno, parimenti al venerdì santo, ognuno di noi (chi più e chi meno) porti sulle spalle una croce; che ognuno di noi ogni giorno affronti – con malcelato imbarazzo e difficoltà – la propria storia, che è fatta di micro-macro drammi esistenziali, di paure, perdite, follie, gioie e vittorie, riflessioni e ulcere passeggere.

Accade così che quando si spengono i riflettori sulla Taranto della Settimana Santa, l’orologio torna a segnare l’ora della normalità. Le strade di svuotano, gli animi (non tutti) pure. In compenso, ci ritroviamo con la galleria del telefono piena di immagini in cui il tempo pare essersi cristallizzato e una piazza che torna ad essere festante.

Buona Pasqua che verrà.

La foto nel pezzo è di Fabio Mastrovito. L’immagine in evidenza è di Taranto Settimana Santa.

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